[NEWS E STAMPA]

Festival Narrazione Industriale

23.11.2025

IL VALORE UMANISTICO DELL’ARCHITETTURA

“Senso, significato e progetto sono le parole chiave”, così Alessandro Tassi Carboni descrive il ruolo dell’architettura nel panorama dell’industria e del contesto cittadino.

Lunedì 24 novembre, il Centro Congressi Santa Elisabetta al Campus Universitario sarà teatro dell’incontro “L’architettura della Biblioteca Centrale Olivetti”. Questo appuntamento chiuderà la prima giornata del Festival della Narrazione Industriale e vedrà discutere Daniele Boltri, Marcella Turchetti e il presidente dell’ordine degli architetti di Parma, Alessandro Tassi Carboni. L’importanza dell’architettura nella fabbrica di Olivetti, il sostanziale apporto che questa disciplina può dare al mondo industriale e cittadino, saranno argomenti di dibattito durante la conferenza. Grazie alla testimonianza in anteprima di Alessandro Tassi Carboni, possiamo addentrarci in questo tema, analizzandolo attraverso il suo racconto.

Perché ha deciso di partecipare al Festival della Narrazione Industriale?

Ho scelto di partecipare al festival perché il concetto di Umanesimo Industriale è molto interessante. Per questo ho accettato volentieri l’invito dell’ingegner Iotti. Sono certo che dare voce e profondità a questo argomento sia fondamentale, sia per alimentare il dibattito culturale sia per trovare vie e motivi di cambiamento. L’esempio di un imprenditore illuminato come Olivetti può indicare la rotta per una transizione positiva, con l’obiettivo di rimettere al centro la progettualità olistica e la visione d’insieme, a discapito della mera realizzazione di un’opera che non trova senso nel contesto in cui è inserita. Ragionare a trecentosessanta gradi sull’utilità di un progetto, inserirlo coerentemente in un ecosistema è di primaria importanza, e Olivetti lo insegna.

Come si inserisce l’Ordine degli Architetti nel panorama del Festival?

Il desiderio di partecipare ad un dibattito è sempre vivo. L’ordine, laddove ci sia la possibilità di promuovere iniziative finalizzate alla discussione e alla crescita, cerca sempre di rispondere presente. Olivetti inoltre, precursore dell’epoca contemporanea, ha sempre dato grande peso agli architetti e al loro lavoro, poiché riteneva che come professionisti potessero portare un valore aggiunto all’azienda. Ancora non abbiamo fatto un monumento ad Olivetti, ma ci siamo vicini (ride ndr). Il contributo dell’Ordine degli Architetti, oltre al patrocinio che è stato rilasciato, non è quello di portare un’analisi a livello scientifico e analitico, questo lo lascio agli altri ospiti che sono studiosi competenti in materia. Il nostro primo obiettivo è quello di partecipare ad un dibattito cittadino. Vogliamo essere interlocutori capaci di promuovere le buone pratiche - metodologiche e concettuali - che Olivetti ci ha insegnato. Vorremmo che questi esempi virtuosi avessero dei risvolti anche nella nostra città, perché ne abbiamo bisogno. Uno su tutti, il valore del progetto. Dobbiamo tornare a dare peso alla concettualizzazione, alla prefigurazione e alla valutazione di un contesto specifico per poter fornire una soluzione altrettanto specifica, in maniera che ogni opera sia funzionale.

Il fil rouge del Festival è l’umanesimo Industriale: cosa ne pensa e come si collega al mondo dell’architettura?

Il tipo di architettura di Olivetti rientra all’interno di un disegno complessivo, quello dell’Umanesimo Industriale. Questo concetto, questo movimento, si basa sul principio di Comunità. Forse oggi si è un po’ perso questo valore. Un Socialismo con S maiuscola, che va al di là delle ragioni faziose e partitiche, capace di abbracciare tutti, mirando a far star bene le persone. L’idea, sul modello di Gaber, “Io sto bene quando stanno bene gli altri” non è un’illuminazione utopica, altresì si basa sulla convinzione che un’azienda possa essere florida quando le persone che la abitano quotidianamente sono felici. Lasciando da parte l’idealismo, l’umanesimo industriale si basa anche su una visione culturale di unicità e insieme. L’architettura è coinvolta nel tema della Comunità. L’architettura infatti, come ogni altra attività umana, mira ad un obiettivo: far star bene le persone. Guardando fuori dalla finestra si vedono però disgregazione e frammentazione, la direzione non è delle migliori. L’architettura può avere un peso nel migliorare questa situazione solo se smette di dare forma a delle funzioni e inizia a calare quelle forme in un significato. Dando significato e creando senso, relazionandosi al contesto e all’ambiente, acquisendo una progettualità complessa, l’architettura può diventare strutturalmente pregna di significato.

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